Queste sono note di primo soccorso incentrate sull’attività odontoiatrica. Il loro carattere di tipo generale le rendono utili anche al normale cittadino. Quest’ultimo non avrà a disposizione i farmaci e i defribillatore semiautomatico che gli studi odontoiatrici toscani sono tenuti ad avere per legge. La maggior parte delle emergenze vanno comunque affrontate senza utilizzo dei farmaci in attesa che il sistema di emergenza 112 arrivi sul posto. Per chi è interessato buona lettura.
Incidenza relativa delle emergenze mediche in ambiente odontoiatrico.
lo studio odontoiatrico genera spesso una situazione di stress che può essere la causa scatenante di alcune emergenze mediche. Altre emergenze possono capitare in qualsiasi luogo ed in ogni occasione compreso il trovarsi in una sala di attesa medica. Essere pronti per ogni cittadino ad affrontare delle emergenze è una cosa utile. Alla fine dell’articolo riporto anche cosa bisognerebbe fare in caso di puntura di insetti e morso di vipera. Emergenze che con lo studio medico non hanno nulla a che fare ma penso che sia utile sapere.
SUPPORTO VITALE DI BASE E DEFIBRILLAZIONE PRECOCE
Ogni anno in Italia si stima che si verifichino circa 60.000 decessi dovuti a morte cardiaca improvvisa, 1 ogni 1000 abitanti, 1 ogni 8 minuti e 45 secondi.
La sequenza del basic life support (BLS), meglio ancora se con l’uso del defibrillatore semiautomatico (BLSD), dovrebbe essere conosciuta e praticata correttamente da ogni addetto al primo soccorso in quanto fornisce uno schema di comportamento facilmente applicabile in diverse situazioni di emergenza.
La morte cardiaca improvvisa può manifestarsi in soggetti di tutte le età, cardiopatici e sani, talora giovani e sportivi, pertanto non sono mai da sottovalutare i seguenti segnali di allarme cardiaco.
■ ■ dolore al centro del torace di tipo oppressivo (sensazione di peso) che non si modifica con gli atti del respiro, talora irradiato al collo, alle braccia, allo stomaco oppure posteriormente alla schiena in mezzo alle scapole;
■ ■ sensazione di malessere generale;
■ ■ difficoltà a respirare;
■ ■ nausea e vomito;
■ ■ sudorazione fredda.
Senza alcun intervento di rianimazione le possibilità di sopravvivenza diminuiscono del 10% ogni minuto: dopo 10 minuti i danni cerebrali diventano irreversibili e le speranze di sopravvivere sono estremamente basse. La corretta e tempestiva applicazione, entro 4 – 5 minuti dall’esordio, dei protocolli rianimatori di base previsti dalle linee guida internazionali e l’uso del DAE consentono di recuperare, spesso senza esiti neurologici invalidanti, tra il 49% e il 75% circa dei pazienti colpiti da arresto cardiaco.
posizione supina
posizione antishock
posizione seduta soggetto vigile
posizione laterale di sicurezza
Strumenti:
Telefono, DAE, AMBU, Bombola ossigeno, pulsiossimetro
Primo anello (riconoscimento e allarme precoci)
■ ■ Valutazione della sicurezza ambientale.
■ ■ Riconoscimento precoce dell’arresto cardiaco.
■ ■ Chiamata al 112.
Il primo anello della catena è rappresentato dal riconoscimento precoce dei segni e sintomi dell’arresto cardiaco e dall’insieme di procedure e mezzi che permettono la rapida segnalazione dell’emergenza.
Secondo anello (rianimazione cardiopolmonare precoce – RCP)
■ ■ Manovre di RCP precoce.
Terzo anello (defibrillazione precoce)
■ ■ Utilizzo del defibrillatore semiautomatico.
Quarto anello (intervento precoce del soccorso avanzato)
■ ■ Intervento del soccorso avanzato (ALS – advanced life support).
LA SEQUENZA DI BLSD NELL’ADULTO
Proprio perché è una procedura codificata, evita al soccorritore di pensare a quale sia la causa scatenante dell’evento in questione, ma si concentra solo nel verificare le funzioni vitali della persona da soccorrere.
Il BLS, quindi, non è la rianimazione cardiopolmonare bensì un sistema di valutazione composto da valutazioni ed azioni da attuare su chiunque.
1) Valutare la sicurezza ambientale
La prima cosa da fare, quando si interviene per soccorrere un infortunato, è valutare l’ambiente nel quale ci troviamo. Prima di effettuare qualsiasi manovra di soccorso è importante valutare che cosa è accaduto e l’eventuale presenza di uno stato di pericolo, che può ulteriormente minacciare l’incolumità dell’infortunato e quella del soccorritore
2) Valutare la coscienza
Dopo aver valutato la sicurezza dell’ambiente, si deve valutare se il soggetto è cosciente, effettuando velocemente i seguenti passaggi:
■ ■ inginocchiarsi a lato dell’infortunato e scuoterlo delicatamente, ma con decisione, per le spalle;
■ ■ chiamare più volte l’infortunato con un buon tono di voce: “Come va? Mi puoi rispondere?”.
In caso di non risposta neanche a stimoli dolorosi si procede.
3) Allineare e scoprire
La vittima viene soccorsa sempre sul posto, su un piano rigido (possibilmente a terra), con il corpo allineato (testa, tronco e arti allineati) ed il torace scoperto.
Per scoprire il torace togliere i vestiti, eventualmente tagliandoli con le forbici presenti nella cassetta di pronto soccorso. Se la vittima è prona andrà messa in posizione supina.
4) Aprire le vie aeree (Non eseguire questa manovra se si sospetta un trauma cervicale. In questo caso il capo deve rimanere in posizione neutra)
A questo punto occorre aprire le vie aeree con la manovra di iperestensione della testa: mettere una mano sulla fronte dell’infortunato, due dita (indice e medio) dell’altra mano sulla punta del mento e reclinare delicatamente la testa all’indietro. Non si mettono mai le mani in bocca all’infortunato.
5) Valutare la presenza del respiro
Mantenendo la testa iperestesa, verificare la presenza dell’attività respiratoria attraverso la manovra GAS che consiste nell’avvicinare il proprio orecchio alla bocca del paziente con lo sguardo rivolto al torace e:
1. Guardare se il torace si solleva;
2. Ascoltare il suono prodotto dall’aria che esce dalla bocca e dal naso della vittima;
3. Sentire sulla propria guancia il soffio dell’aria espirata.
Non impiegare più di 10 secondi per questa fase. Non confondere movimenti toracici inconsulti (gasping) con gli atti respiratori.
Nel soccorritore non sanitario non è prevista la palpazione del polso carotideo per l’accertamento della presenza del circolo. Per i non sanitari vale l’equazione:
assenza di coscienza + assenza di respiro = arresto cardiorespiratorio
Utile l’uso di un saturimetro. ma non attenderne l’esito (NDR)
La pupilla è dilatata (midriasi) e non risponde agli stimoli luminosi.
6) Allertare il 112 e chiedere il DAE
6.1) paziente respira:
mantenere le vie aeree aperte o con estensione del capo o metterlo in posiszione laterale di sicurezza.
6.2) persona non respira
chiamare il 112 e prendere il DAE mettere il cellulare in viva voce dando tutte le informazioni necessarie.
7) massaggio cardiaco esterno
Dopo aver allertato il sistema di emergenza, passare rapidamente alla rianimazione
cardiopolmonare (RCP):
■ ■ sempre inginocchiati a lato del torace della vittima, con le ginocchia divaricate per assicurarsi una buona stabilità, porre il calcagno di una mano (cioè la parte più prominente del palmo) al centro del torace, facendo attenzione che poggi sullo sterno e non sulle costole. Sovrapporre l’altra mano alla prima, intrecciando le dita postare il proprio corpo in avanti in modo che le spalle siano perpendicolari al torace del soggetto; iniziare le compressioni aiutandosi con il peso del proprio corpo, mantenendo le braccia diritte e i gomiti bloccati; eseguire 30 compressioni ad una frequenza di 100 – 120 al minuto, abbassando il torace di 5 – 6 cm. Dopo ogni compressione rilasciare completamente la pressione, senza staccare le mani dal corpo. Nella fase di rilasciamento il cuore si riempie nuovamente di sangue ed è pronto per la successiva compressione.
8) Effettuare le ventilazioni (prendere l’AMBU)
Si prosegue con la ventilazione. Per insufflare aria nella bocca della vittima occorre:
■ ■ mantenere la testa della vittima in iperestensione cioè reclinata all’indietro,come visto precedentemente; (possibilmente protrudere la mandibola NDR)
■ ■ prendere aria (un respiro normale 400 – 600 ml);
■ ■ circondare, con la propria bocca, la bocca della vittima, assicurando una buona aderenza;
■ ■ pinzare il naso della vittima con pollice e indice della mano che è sulla fronte, per evitare che l’aria fuoriesca;
■ ■ insufflare l’aria in un secondo, controllando con la coda dell’occhio che il torace
si sollevi;
■ ■ staccarsi e allentare le dita che chiudono il naso per permettere al soggetto di espirare;
■ ■ prendere nuovamente aria per eseguire la seconda insufflazione ripetendo l’operazione. Il tempo complessivo per eseguire le due ventilazioni non deve essere superiore a 10 secondi.
9) Alternare compressioni e ventilazioni
Le compressioni e le ventilazioni, così come illustrate in precedenza, vanno effettuate in un rapporto di 30:2 fino a:
■ ■ripresa del respiro della vittima;
■ ■arrivo dei soccorsi avanzati;
■ ■esaurimento delle energie del soccorritore. In due soccorritori sostituirsi ogni due minuti di massaggio cardiaco.
All’arrivo del DAE, la RCP va sospesa e successivamente ripresa seguendo le indicazioni dell’apparecchio.
La RCP serve a guadagnare tempo, cioè a fare in modo che il cervello ritardi i danni da scarsa ossigenazione e che il cuore si mantenga in fibrillazione in modo da rispondere al trattamento elettrico.
Una RCP di qualità aumenta la sopravvivenza e migliora notevolmente la prognosi a lungo termine solo se:
■ ■le compressioni sono eseguite con frequenza e profondità appropriate (100 – 120 al minuto, 5 – 6 cm);
■ ■ la riespansione del torace dopo ogni compressione è completa;
■ ■ le interruzioni nelle compressioni sono ridotte al minimo;
■ ■ si rispetta il rapporto compressioni: ventilazioni 30:2;
■ ■ le ventilazioni non interrompono le compressioni per più di 10 secondi;
■ ■ le ventilazioni hanno frequenza e volume appropriati.
10) Effettuare la defibrillazione precoce
Il DAE è uno strumento portatile in grado di analizzare il ritmo cardiaco ed erogare una scarica elettrica al cuore per rimetterlo in ritmo. Può essere usato anche da personale non sanitario perché riconosce senza errore i casi in cui la scarica è necessaria e non interviene se la terapia elettrica non è indicata con assoluta certezza. Pertanto non spetta al soccorritore fare la diagnosi, ma egli deve solo seguire le indicazioni dettate dalla macchina. L’unica accortezza da avere è quella di non toccare il paziente durante l’analisi e la scarica e di fare sicurezza intorno.
10,1) posizionare gli elettrodi
10.2) collegare gli elettrodi
10.3) non toccare il paziente per non interferire con la registrazione del ritmo caardiaco.
10.4) se il DAE segnala la necessita di erogare una scarica premere il bottone dopo aver detto ad alta voce: “Io via, voi via, tutti via” e facendo segno con le braccia di allontanarsi.
10.5) appena il DAE lo permette, si riprende la RCP. Ogni 2 minuti l’apparecchio chiede di interrompere la RCP e procede nuovamente all’analisi del ritmo. Se indicato, chiede di erogare la scarica. In 2 minuti si effettuano circa 5 cicli completi di RCP (30 compressioni e 2 insufflazioni)
11)Come interpretare le indicazioni del DAE
Il DAE può dare indicazione di:
■ ■ scarica consigliata: ha individuato un ritmo defibrillabile e richiede al soccorritore di dare la scarica. Dopo la scarica riprendere la RCP;
■ ■ scarica non consigliata: è possibile che il cuore abbia ripreso un ritmo normale.
Valutare quindi il respiro facendo una manovra GAS. Se è presente un respiro valido, interrompere la RCP controllando che la respirazione persista. Se non è presente un respiro valido, significa che il DAE ha individuato un ritmo non defibrillabile in cui la scarica non è indicata, ma il cuore è comunque fermo. In questo caso continuare la RCP.
Posizione laterale di sicurezza
Questa posizione è indicata quando il soggetto è incosciente, ma respira. Consiste nel porre la persona su un fianco, con la bocca rivolta verso il basso in modo da permettere ad eventuali secrezioni di defluire all’esterno senza ostruire le vie aeree.
Si esegue partendo dal soggetto in posizione supina con le gambe distese:
■ ■ inginocchiarsi a fianco dell’infortunato e posizionare il suo braccio perpendicolarmente al tronco;
■ ■ porre l’altro braccio sul torace, con il dorso della mano appoggiato sulla guancia del paziente più vicina alla propria parte
■ ■ piegare l’altra gamba, sollevando il relativo ginocchio, e ruotare l’infortunato dalla propria parte, facendo leva sulla spalla e sul bacino e lasciando il piede poggiato sul terreno; assicurarsi che la testa sia iperestesa (per mantenere aperte le vie aeree), se necessario aggiustando la posizione della mano sotto la guancia. Girare la vittima sul lato opposto dopo trenta minuti.
Riepilogo
Valuta attentamente sicurezza ambientale, coscienza e respiro
NON respira normalmente.
chiama il 112
metti il telefono in viva voce.
fatti portare il DAE,
inizia RCP (30:2)
interrompi RCP all’arrivo del DAE e segui le sue istruzioni vocali.
Respira normalmente
chiama il 112
metti la vittima in posizione di sicurezza
vigila sulla vittima e sulle sue funzioni vitali fino all’arrivo dei soccorsi avanzati.
INTERVENTI DI PRIMO SOCCORSO
Ingestione di corpo estraneo.
Di solito è meno grave rispetto all’inalazione dello stesso. Se sono a superficie liscia inferiori come diametro ad una moneta da due euro vengono eliminati naturalmente in 4-6 giorni. Utile seguirne il transito tramite lastre radiografiche. Se più grandi o taglienti o se non si osserva la loro progressione è opportuno procedere alla loro estrazione possibilmente per via endoscopica.
OSTRUZIONE DA CORPO ESTRANEO NELL’ADULTO
L’ostruzione delle vie aeree nell’adulto è abitualmente testimoniata, in quanto normalmente provocata da cibo.
In caso di ostruzione parziale, quando cioè il soggetto riesce ancora a tossire e a respirare, anche se in modo difficoltoso, non si deve fare niente, solamente sostenere la persona ed incoraggiarla a tossire. Se la situazione dovesse perdurare accompagnarla al pronto soccorso oppure chiamare il 112.
In caso di ostruzione completa, la persona non riesce più a parlare, a tossire e a respirare, diventa presto cianotica, fino a perdere coscienza. In questo caso occorre intervenire in maniera tempestiva, con la manovra di Heimlich. L’obiettivo di questa manovra è favorire l’espulsione del corpo estraneo, comprimendo i polmoni. Il soccorritore si pone alle spalle della persona cingendogli la vita con entrambe le braccia con le mani una sopra l’altra , chiuse a pugno subito sotto lo sterno del paziente. Esercitare delle forti compressioni sull’addome dal basso verso l’alto e da davanti verso dietro in modo da fare sollevare il diaframma provocando un aumento della pressione dell’aria contenuta nei polmoni.
E’ possibile eseguire la manovra di Heimlich anche con paziente steso a terra
Se la persona perde coscienza:
■ ■ accompagnarla con cautela fino a terra;
■ ■ chiamare o far chiamare il 112;
■ ■ iniziare la RCP (30:2);
■ ■ controllare il cavo orale prima delle ventilazioni e rimuovere corpi estranei solo se visibili.
In caso di ostruzione alta (laringea) praticare la tracheotomia.
SINCOPE E LIPOTIMIA
La lipotimia è una situazione passeggera di obnubilamento del sensorio, una sensazione di mancamento, accompagnata spesso da vertigini, profonda debolezza, nausea, sudorazione. Se si verifica la perdita di coscienza si parla allora di sincope. La sincope è dovuta ad una caduta della pressione arteriosa o ad una alterazione della frequenza cardiaca cui fa seguito una temporanea riduzione di afflusso di sangue al cervello. La perdita di coscienza è transitoria e il recupero avviene in genere dopo pochi secondi, raramente dopo qualche minuto. È benigna e si risolve in breve tempo.
La sincope può essere di tre tipi.
■ ■ Riflessa neuromediata (vaso-vagale). Provocata da uno stimolo emotivo (es. emozione intensa, dolore fisico acuto, vista del sangue o altro) che causa l’attivazione del nervo vago che a sua volta è in grado di determinare la diminuzione della frequenza cardiaca e vasodilatazione, con conseguente diminuzione dell’afflusso di sangue al cervello. (Vedi dopo)
■ ■ Ortostatica. L’abbassamento improvviso della pressione si verifica quando ci si alza di scatto o si sta a lungo in piedi (ipotensione ortostatica). Il sangue per gravità si accumula negli arti inferiori ed è difficoltoso il ritorno al cuore e al cervello.
■ ■ Cardiaca. È la sincope più grave e richiede una valutazione diagnostica più approfondita. Può essere conseguenza di aritmie cardiache o di alterazioni strutturali del cuore come la stenosi dell’aorta.
Sintomi generali
La perdita di coscienza può essere preceduta dai segni premonitori della lipotimia o presentarsi all’improvviso senza alcun avvertimento. Generalmente l’insorgenza è moderatamente veloce: il soggetto appare pallido, segue un accasciamento a terra con breve perdita di coscienza. Il polso è debole e la respirazione lenta, talvolta può esserci sudorazione fredda.
Intervento
In presenza dei segni premonitori è importante intervenire immediatamente per scongiurare la perdita di coscienza. L’obiettivo è quello di migliorare la pressione all’interno della circolazione cerebrale, ponendo l’infortunato in posizione antishock
Si deve quindi:
■ ■ fare distendere il paziente a terra;
■ ■ alzargli le gambe afferrandole alle caviglie. Si può mantenere questa posizione utilizzando un sostegno adeguato come dei cuscini o una sedia rovesciata.
Cosa non fare
Non lasciare il paziente in posizione eretta. Non somministrare liquidi per bocca quando il paziente è ancora in stato di incoscienza oppure appare confuso e disorientato. Non avendo il riflesso della deglutizione efficiente, potrebbe rischiare il soffocamento.
Crisi vaso-vagale
È le emergenza odontoiatrica più frequente.
È caratterizzata da un’alterazione dello stato di coscienza (crisi) o da una sua perdita (sincope).
È riconducibile ad una inadeguatezza temporanea del lavoro cardiaco.
Stress emotivi, dolore, o esposizione ad ambiente medico provocano un aumento del tono parasimpatico con ridotta frequenza cardiaca ed un ridotto tono simpatico con vasodilatazione periferica. L’unione dei due fattori induce una riduzione della pressione arteriosa e quindi una riduzione della perfusione cerebrale.
Sintomi prodromici:
Stordimento e/o vertigini
Nausea
Senso di caldo
Presenza di macchie nere nel campo visivo.
Segni fisici
Pallore della cute e delle labbra
Sudorazione
Tremori
Caratteristiche del recupero
Relativamente rapido <5minuti
Senza reliquati cognitivi.
Diagnosi differenziale
Valutazione tramite punteggio crisi vaso-vagale vs sincope cardiaca
Valori uguali o superiori a 3 suggeriscono una sincope cardiaca.
Valutazione tramite punteggio crisi vaso-vagale vs epilessia.
Valori uguali o superiori a 3 sono a favore di un crisi epilettica.
Prevenzione
Ai primi sintomi prodromici fare contrarre i muscoli di gambe e braccia per facilitare il ritorno venoso.
Suggerire respiri profondi che riducono l’ansia e provocano una pressione negativa toracica che favorisce il ritorno venoso.
L’ingestione di acqua nelle fasi iniziali prodromiche può impedire una crisi vaso-vagale.
Trattamento
La crisi si risolve da sola.
Sollevare le gambe per facilitare il ritorno venoso
Rassicurare il paziente sulla benignità della condizione
In casi ripetuti chiedere visita cardiologica per escludere sincope di origine cardiaca.
SHOCK
In linguaggio medico per shock si intende un evento grave caratterizzato da un forte abbassamento della pressione sanguigna con conseguente insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti. La diminuzione del flusso sanguigno è acuta e grave e conduce, se non corretta in tempo, a disturbi metabolici seri, a danni permanenti o a morte. Uno stato di shock può avere molteplici cause:
■ ■ una forte perdita di sangue per emorragia esterna o interna (ferite, traumi toracici, traumi addominali, fratture);
■ ■ un deficit della pompa cardiaca, come nel caso di infarto cardiaco;
■ ■ una grave reazione allergica, ad esempio a farmaci o a punture d’insetto, in cui c’è un’importante vasodilatazione. (utile iniezioni intramuscolo di adrenalina ogni 5 – 15 minuti. Vedi dopo)(NDR)
Sintomi generali
Il soggetto si presenta pallido con sudorazione fredda. Il polso è debole, ma la frequenza cardiaca in genere è aumentata (tachicardia); la condizione del paziente evolve presto in uno stato di prostrazione e perdita di coscienza, la respirazione si fa difficoltosa e frequente e la pressione arteriosa subisce una forte caduta.
Intervento
La situazione è molto grave; è importante quindi, una volta valutato il paziente e maturato il sospetto di uno shock:
■ ■ chiamare i soccorsi;
■ ■ porre il soggetto a terra in posizione supina, con le gambe sollevate come per la lipotimia;
■ ■ se è in stato di incoscienza ma il respiro è ancora presente, utilizzare la posizione laterale di sicurezza;
■ ■ se non è cosciente e non respira è necessario iniziare la rianimazione cardiopolmonare.
EDEMA POLMONARE ACUTO
Strumenti e farmaci da preparare
1) Lacci emostatici (salasso bianco)
2) Lasix fl
3) strumenti per la RCP
L’edema polmonare è un quadro clinico caratterizzato da un aumento dei liquidi nello spazio extravascolare (interstizio e alveoli) del polmone. Si verifica quando il cuore è fortemente compromesso e la sua azione di pompa è insufficiente (insufficienza cardiaca per infarto, cardiomiopatie, malattie valvolari cardiache) oppure per cause diverse (inalazione di sostanze tossiche, processi infettivi). Nel primo caso si ha uno stato di congestione nel piccolo circolo polmonare, che provoca una trasudazione di liquido negli alveoli, nel secondo caso l’alterazione delle membrane alveolo-capillari porta anche qui al passaggio di liquido nello spazio interstiziale. Il risultato in entrambi i casi è un difficoltoso scambio gassoso e una riduzione dell’ossigenazione del sangue. È una condizione grave che richiede un intervento medico; è importante quindi la tempestività nel chiamare i soccorsi.
Sintomi generali
L’edema esordisce con difficoltà respiratoria (fame d’aria), cianosi, successivamente è seguito da rumori nella respirazione ed espettorato schiumoso color bianco o ruggine.
Intervento
Il paziente è prostrato e sofferente, è necessario chiamare immediatamente il 112, mantenere il paziente in posizione semiseduta, controllare il polso ed il respiro e, se necessario, iniziare la rianimazione. Non porre il paziente in posizione supina (pericolo di soffocamento). Se è cosciente si rifiuta di stendersi (NDR).
Mettere i lacci emostatici ai tre arti per ridurre il ritorno venoso. Liberare ciclicamente un arto per consentire la normale vascolarizzazione spostando il laccio su quello libero in precedenza.
Fare una fiala di Lasix endovena per aumentare la diuresi e ridurre il volume circolante.
DOLORE ACUTO STENOCARDICO
Il dolore acuto stenocardico (detto anche anginoso) è un dolore oppressivo che si manifesta generalmente nella regione anteriore del torace, può irradiarsi al braccio sinistro o al collo, alle mandibole, posteriormente fra le scapole o addirittura allo stomaco.
Il respiro può diventare superficiale, essere accompagnato da sudorazione fredda, nausea, talora vomito. Può comparire sotto sforzo ma anche a riposo. È accompagnato da un profondo disagio (sensazione di morte imminente).
Il dolore anginoso è un sintomo che indica un difetto di ossigenazione del cuore. Il cuore è irrorato dalle arterie coronarie che hanno il compito di rifornire di sangue ossigenato il tessuto muscolare cardiaco (miocardio). Alcune condizioni patologiche che colpiscono questi vasi possono ridurre il flusso sanguigno e, in casi estremi, portare all’occlusione completa del vaso.
L’evento patologico più comune è la presenza di placche aterosclerotiche sulle pareti interne delle arterie; queste placche sono il frutto della precipitazione di un eccesso di grassi (colesterolo, trigliceridi, ecc.) presenti nel sangue.
Questo eccesso può essere causato da fattori ambientali (alimentazione ricca di grassi soprattutto di origine animale, fumo) o da predisposizioni di tipo congenito (dislipidemie familiari) o da ambedue i fattori insieme.
La formazione di placche ha, come conseguenza principale, quella di diminuire il lume del vaso, in questo caso delle arterie coronarie. Se queste placche si ulcerano si formerà un coagulo di sangue (trombo) che, a sua volta, potrà causare l’occlusione completa del vaso stesso. Le placche e i trombi impediscono il passaggio del sangue e di conseguenza il necessario apporto di ossigeno al muscolo cardiaco.
Il dolore anginoso può comparire in corso di:
■ ■ angina pectoris;
■ ■ infarto del miocardio.
Prevenzione
Valutare l’entità della patologia coronarica e tanto più è grave quanto più bisogna ridurre i tempi operatori anche aumentando il numero delle sedute.
Fondamentale è il controllo dell’ansia utilizzando il colloquio rassicurante e le benzodiazepine. Se l’intervento è breve sotto i trenta minuti è meglio utilizzare un anestetico senza vasocostrittore. Se si suppongono tempi più lunghi o interventi dolorosi è imperativo l’uso del vasocostrittore
Angina pectoris
Farmaci da preparare:
1) carvasin 2) pulsiossimetro
L’attacco di angina pectoris è dovuto ad una riduzione temporanea del flusso sanguigno nelle arterie coronarie che insorge generalmente quando la richiesta di ossigeno da parte del cuore è aumentata, come nel corso d(NDR)i sforzi fisici eccessivi, abbassamenti repentini di temperatura o dopo un’emozione intensa.
Questa discrepanza tra richiesta e apporto di ossigeno ad una zona di tessuto muscolare cardiaco provoca una sofferenza del miocardio che si esprime attraverso il dolore e provoca una diminuzione dell’azione di pompa.
Se la persona colpita si mette a riposo il dolore generalmente regredisce spontaneamente dopo qualche minuto.
Sintomi generali
L’attacco si manifesta in modo abbastanza improvviso. Il soggetto è costretto a fermarsi, generalmente avverte una sensazione di oppressione o un vero e proprio dolore al petto.
Intervento
Il paziente va fatto sedere, tranquillizzato e rassicurato. È importante controllare la frequenza cardiaca (polso). Il dolore regredisce normalmente entro 5 – 6 minuti. Se il paziente ha con sé i suoi farmaci abituali va aiutato ad assumerli (vasodilatatori). Carvasin – Trinitina.
Chiamare il 112 se il dolore supera i dieci minuti.
La presenza di una riduzione della pressione sistolica ed un aumento della dispnea è un segnale di allarme che testimonia una riduzione dell’efficienza cardiaca.
Infarto del miocardio
Strumenti e farmaci da preparare
1) prepararsi alla RCP 2) Pulsiossimetro 3) Carvasin
L’infarto cardiaco è causato dall’occlusione di una o più porzioni dei vasi coronarici. Questa occlusione determina un improvviso arresto del flusso sanguigno e la conseguente necrosi (cioè un’alterazione irreversibile) di un’area più o meno estesa del tessuto muscolare cardiaco.
Sintomi generali
L’infarto si manifesta in modo abbastanza improvviso. La sintomatologia è simile a quella descritta per l’angina pectoris, ma in questo caso la durata del dolore è superiore. L’insorgenza può avvenire non solo sotto sforzo, ma anche a riposo (es. durante il sonno). Il soggetto si presenta con colorito pallido e sudorazione fredda, è agitato e avverte una sensazione di morte imminente, il polso è frequente, il respiro affannoso (dispnea) e superficiale, le labbra possono assumere un colorito bluastro.
Intervento
Il paziente va posto in posizione semiseduta e va chiamato immediatamente il 112.
È importante non lasciare solo il soggetto e controllare la frequenza cardiaca. Il rischio di un arresto cardiaco è molto elevato: bisogna tenersi pronti ad un’eventuale rianimazione.
EPILESSIA
La crisi epilettica è causata da un’anomala produzione di impulsi di alcuni neuroni (cellule cerebrali) del sistema nervoso centrale. L’epilessia si presenta in due forme principali: piccolo e grande male. Il piccolo male è generalmente prevalente nei bambini ed è caratterizzato da una transitoria alterazione della coscienza o assenza della durata di circa 10 – 15 secondi. Il grande male è presente sia nei bambini che negli adulti. Può essere causato da problemi di natura congenita del sistema nervoso centrale, ma anche da problemi acquisiti (esiti di traumi cerebrali, pregressi ictus, neoplasie cerebrali). In paziente non epilettico può essere provocata dalla tossicità dell’anestetico locale LAST (local anesthetic sistemica toxicity) in soggetti predisposti portatori di gravi patologie epatiche o infiammazione tessutale. Vedi dopo.
Sintomi generali
Piccolo male: si manifesta con perdita della percezione dell’ambiente esterno. Il soggetto non risponde alle domande, ha lo sguardo fisso nel vuoto. Questa condizione può evolvere in movimenti tonico-clonici (contrazioni involontarie di gruppi muscolari). L’attacco termina con un ritorno ad uno stato di coscienza in cui però il paziente non ricorda nulla di quello che è successo.
Grande male: può essere preceduto dalla cosiddetta aura, cioè segni premonitori quali irritabilità, cefalea, ansia e percezioni sensoriali alterate di tipo tattile o olfattivo. L’attacco di grande male si manifesta con perdita di coscienza e caduta a terra; seguono irrigidimento e convulsioni, contrazione dei muscoli mimici del viso, degli arti e dell’intero corpo. È possibile che compaia schiuma alla bocca, che si verifichi morso della lingua o perdita involontaria di feci ed urina. La durata media di una crisi tonico-clonica è di circa 1 – 2 minuti. Segue una fase di narcolessia: il soggetto cade in un sonno profondo dal quale si risveglierà non ricordando nulla dell’accaduto.
Intervento
L’attacco epilettico, per le modalità con cui si manifesta, provoca impressione e seria preoccupazione tra le persone che vi assistono anche se, in realtà, è un evento che passa da solo senza lasciare conseguenze se non una sensazione di stordimento e di stanchezza. Il soccorritore non deve cercare di impedire la crisi o di immobilizzare il paziente, ma deve unicamente evitare che il soggetto nella caduta possa procurarsi lesioni traumatiche o che possa urtare contro oggetti taglienti, aguzzi o acuminati.
■ ■ Il paziente va posizionato su un fianco (posizione laterale di sicurezza). Al termine della fase acuta.
■ ■ Prendere sempre il tempo di inizio per calcolare la durata della crisi.
■ ■ Posizionare un cuscino sotto la testa, slacciare cravatte o cinture.
■ ■ Non abbandonare il soggetto da solo, controllare polso e respiro, assicurandosi che le vie aeree siano libere.
■ ■ In caso di bambini che abbiano una prescrizione medica, se la crisi dura più di 2 minuti, è necessario somministrare i farmaci nelle modalità e nelle dosi prescritte dal medico curante. Di solito i genitori con bambini epilettici hanno al seguito il midazolam farmaco ospedaliero per interrompere la crisi. Non somministrare a crisi finita.
Chiamare il 112 solo se la crisi perdura o se il paziente non recupera la coscienza.
Cosa non fare
Non cercare di aprire la bocca o inserire all’interno di essa oggetti rigidi o fazzoletti. Questi interventi sono inutili ed anche pericolosi perché potrebbero comportare danni al paziente (lussazioni mandibolari, fratture dentarie e dolori muscolari intensi) e al soccorritore (lesioni alle dita).
LAST
Reazione tossica sistemica da anestetico locale
Etiopatogenesi
Iniezione intravascolare accidentale
Assorbimento dal sito di iniezione (dose eccessiva, flogosi)
Metabolizzazione deficitaria ( insufficienza epatica)
Fattori individuali di rischio per la LAST:
Patologie epatiche
Diabete mellito
Aritmie, ischemia, insufficienza cardiaca
Scarsa massa muscolare (bambini, soggetti malnutriti)
Genere femminile
Terapia con betabloccanti, digossina, calcioantagonisti
Sintomatologia
In odontoiatria sono prevalenti i sintomi neurologici.
Secchezza delle fauci, intorpidimento e pizzicore bilaterale della lingua e labbra , acufeni, diplopia, sensazione di stordimento.
Eloquio impacciato, cambiamento dell’umore fascicolazione e tremori muscolari che possono evolvere in convulsioni tonico-cloniche (crisi epilettica)
Il quadro finale è rappresentato dal coma e dall’arresto respiratorio.
I sintomi cardiaci presentano una breve fase tachicardia e di ipertensione alla quale segue bradicardia e ipotensione. Il quadro elettrocardiografico è alterato fino all’arresto cardiaco che è meno responsivo alle manovre di rianimazione avanzata.
Prevenzione
Usare la minima dose necessaria di anestetico.
In caso di insufficienza epatica grave usare articaina che è quasi tutta metabolizzata a livello plasmatico
Aspirare prima di iniettare. Se si sposta l’ago riaspirare per essere sicuri di non essere in un vaso ematico.
Mantenere il contatto verbale con il paziente
Attenzione ai sintomi di tossicità acuta da anestetico locale.
CRISI ASMATICA
Farmaci da preparare
1) Ventolin 2) pulsiossimetro
La crisi asmatica può essere di origine allergica o venire scatenata da agenti climatici o fattori emotivi. Colpisce in genere persone predisposte (portatrici di allergopatie, bronchite cronica ecc.). Consiste principalmente nella difficoltà a respirare causata della contrazione della muscolatura che riveste le vie aeree (broncospasmo).
Sintomi generali
Il soggetto si presenta agitato, angosciato e ansioso, ha difficoltà di respirazione (fame d’aria) con un prolungamento della fase espiratoria, accompagnata da sibili e fischi, tosse frequente e incontrollabile.
Nella crisi asmatica grave le labbra possono assumere un colorito bluastro e si possono avere un turgore delle giugulari indice di una aumentata pressione intratoracica per l’aria intrappolata negli alveoli.
Intervento
Prima di tutto rassicurare la persona che va fatta sedere e tranquillizzata. È molto importante infatti che questa rimanga calma poiché l’ansia peggiora la situazione respiratoria. Il paziente va mantenuto in posizione seduta con la testa e il torace piegati leggermente in avanti. Se il paziente sa di essere soggetto a queste crisi, è probabile che abbia con sé i farmaci adatti. (Ventolin). In questo caso occorre aiutarlo ad assumerli 2-4 puff se necessari ripeterli dopo 20-30 minuti. Il quadro regredisce normalmente entro 5 – 6 minuti.
Se la difficoltà respiratoria va ad aumentare, si è di fronte ad una crisi asmatica grave.
- chiamare il 112.
- Somministrare ossigeno
- Ventolin
- Cortisone preferibilmente idrocortisone.
- Adrenalina endovena a basso dosaggio per sfruttare l’effetto beta 2 (broncodilatatore) 0,1 mg ev ogni 10 -15 Min.
REAZIONI ALLERGICHE
tenere a disposizione:
1) adrenalina, ventolin, bentelan.( Meglio idrocortisone).
2) se si aggrava materiale per la rianimazione cardiopolmonare,
L’allergia è una malattia del sistema immunitario caratterizzata da un’iperreattività nei confronti di sostanze di vario tipo come ad esempio pollini, piante, peli di anima- li, alcuni alimenti, polveri, farmaci, ecc.
A livello odontoiatrico prestare attenzione a:
Lattice, sodio metasolfito (contenuto anche nel Bentelan), anestetico locale, clorexidina, antibiotici, FANS, amalgama.(NDR)
La reazione è veicolata da particolari anticorpi (IgE) e dà luogo a due fenomeni principali: la contrazione della muscolatura liscia soprattutto bronchiale e l’aumento di permeabilità dell’endotelio dei capillari che provoca edema, cioè passaggio di liquidi dai vasi ai tessuti. La reazione può essere locale o sistemica.
Gravità della reazione
Sintomi generali
I sintomi a livello locale possono riguardare il naso, gli occhi, le vie aeree e la cute. Avremo pertanto rigonfiamento delle mucose nasali, starnuti e scolo liquido (rinite allergica), arrossamento e prurito della congiuntiva (congiuntivite allergica), irritazione delle vie aeree, broncocostrizione, attacchi d’asma. A livello cutaneo si possono avere eczemi, orticaria, neurodermite e dermatite da contatto.
Se la risposta allergica è generalizzata si parla di anafilassi: a seconda del livello di severità si possono avere reazioni cutanee, broncocostrizione, edema, ipotensione fino allo shock anafilattico che può essere letale.
Intervento
Nelle fasi iniziali della reazione o nei casi più lievi aiutare il paziente ad assumere i propri farmaci, se ne è provvisto. In caso contrario o se la reazione assume carattere di maggiore gravità avvertire il 112 o recarsi al pronto soccorso più vicino. In caso di broncospasmo seguire la terapia delle crisi asmatiche.
SHOCK ANAFILATTICO
Strumenti e farmaci da preparare:
1) materiale per rianimazione cardiopolmonare:
1.1) telefono 112
1.2) DAE
1.3) AMBU + bombola ossigeno
1.4) pulsiossimetro
2) farmaci:
2.1) adrenalina
2.2). ventolin
2.3) bentelan ( meglio l’idrocortisone)
L’anafilassi rappresenta la più severa reazione allergica sistemica ed è potenzialmente letale. Questa sindrome clinica è il risultato di una reazione immunologica ad una specifica sostanza in un soggetto precedentemente sensibilizzato. Le più frequenti cause di anafilassi sono le punture d’insetto, il contatto con il lattice, l’assunzione di alcuni farmaci o mezzi di contrasto, oppure di alcuni cibi come arachidi, noci e frutta a guscio, crostacei, pesce, latte, uova, grano, ecc. L’anafilassi esordisce improvvisamente e si manifesta con una sensazione di bruciore, calore, prurito sul palmo delle mani o sotto la pianta dei piedi, in gola, sopra e sotto la lingua e malessere generale. A breve distanza di tempo compaiono:
■ ■ orticaria generalizzata: costituita da arrossamenti e vescicole diffusi sulla pelle, accompagnati da prurito intenso;
■ ■ gonfiore delle mucose (angioedema o edema di Quincke) che può colpire occhi, naso, labbra, lingua e vie aeree;
■ ■ sintomi respiratori: senso di costrizione a livello della gola, gonfiore della gola e della lingua, senso di costrizione toracica e difficoltà respiratoria per broncospasmo;
■ ■ sintomi gastro-intestinali: nausea, vomito, crampi addominali e diarrea;
■ ■ sintomi cardiovascolari: dal semplice senso di affaticamento, alle palpitazioni fino ad arrivare al vero e proprio shock che si manifesta con calo drastico della pressione, stato di incoscienza, incontinenza e crampi generalizzati.
Se non si interviene prontamente la morte sopraggiunge per collasso cardiocircolatorio e/o ostruzione delle vie aeree. In questi casi, l’unica terapia salvavita è costituita da un farmaco chiamato Adrenalina, che provoca rapidamente vasocostrizione (restringimento dei vasi) con conseguente innalzamento della pressione arteriosa, rilassamento della muscolatura bronchiale con miglioramento della respirazione.
I soggetti allergici possono avere gratuitamente (dietro prescrizione medica) l’adrenalina autoiniettabile che devono sempre tenere con sé. Inoltre, a queste persone è assolutamente consigliata l’immunoterapia che è protettiva al 90%.
L’adrenalina autoiniettabile (contenuta in una siringa pre-riempita) può essere somministrata per via intramuscolare anche da un non sanitario, purchè opportunamente addestrato e seguendo un preciso protocollo stabilito dal medico curante. Può essere il caso di un insegnante di un bambino allergico o di un collega di un soggetto allergico che possono trovarsi a dover somministrare il farmaco nel corso di una reazione allergica grave.
Intervento
■ ■ Somministrare prontamente adrenalina autoiniettabile per via intramuscolare profonda.
■ ■ Chiamare il 112.
■ ■ Posizionare il paziente in posizione antishock.
■ ■ Controllare pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria.
L’effetto dell’adrenalina non è duraturo; Si raccomanda di somministrare il farmaco per via intramuscolare alla posologia di 0,5 mg nell’adulto intramuscolo e 0,5 mg sotto cute. Nel bambino somministrare 0,2 mg intramuscolo e 0,3 mg sottocute. Deve essere somministrata immediatamente dopo la manifestazione dei sintomi tipici dell’anafilassi; ripetere la somministrazione ogni 5-15 minuti, in base alla gravità della condizione.
Albuterolo o salbutamolo (es. Ventmax, Ventolin, Almeida, Naos): il farmaco, appartenente alla classe dei β2 – agonisti, è indicato per trattare il broncospasmo associato all’anafilassi. Il farmaco va somministrato per via nasale, applicando 2 spruzzi per narice ogni 6-8 ore, o in base alle necessità.
Corticosteroidi: i farmaci steroidi sono indispensabili per ridurre l’infiammazione e minimizzare i sintomi secondari legati all’anafilassi
Prednisone (es. Deltacortene, Lodotra): in caso di anafilassi, assumere 50 mg per os, frazionati eventualmente in più dosi durante le 24 ore.
Metilprednisolone (es. Advantan, Metilpre, Depo-medrol, Medrol, Urbason): nel contesto di anafilassi, la dose indicativa d’assunzione di questo farmaco è 125 mg per via endovenosa.
Dosi equivalenti dei farmaci corticosteroidei
Il paziente va ricoverato in ospedale per un periodo di 6-8 ore dalla risoluzione della sintomatologia.
Crisi ipoglicemica
Colpisce i pazienti diabetici determinato da uno sbilanciamento fra la terapia antidiabetica ed il glucosio disponibile. Determinante per la diagnosi è l’anamnesi.
La diminuzione di glucosio determina sofferenza cerebrale con aumento degli ormoni dello stress.
Sintomatologia:
è caratterizzata da aumento della sudorazione, tachicardia, ansia, tremori, capogiri, confusione mentale fino al coma ipoglicemico molto pericoloso per i danni cerebrali che avvengono.
Diagnosi differenziale:
crisi di ansia.
Terapia:
presa precocemente e sufficiente somministrare zollette di zucchero o bibite dolci. Se si tarda ed il paziente non è più in grado di ingerire lo zucchero si somministra ev un flacone di soluzione glucosata 5% o 1 mg di Glucagone im.
Prevenzione:
terapia dell’ansia con benzodiazepine ( facilità la diagnosi differenziale), normale o abbondante assunzione dei pasti, normale o sospensione della terapia antidiabetica.
Sindrome da iperventilazione centrale
Definizione
Aumento della frequenza e/o del volume del respiro che causa alcalosi respiratoria acuta
Etiopatogenesi
Frequente nei pazienti odontofobici e/o ansiosi. Può presentarsi durante attacchi di panico.
Fattori predisponenti
Situazioni stressogene, dolore.
Sintomatologia
L’aumento del volume d’aria respirato determina riduzione della CO2 ematica e quindi alcalosi.
Si ha quindi vasocostrizione cerebrale con obnubilamento, sensazione di testa leggera, vertigini.
Aumento della secrezione di catecolamine con tachicardia, ipertensione arteriosa, palpitazioni,ed eventualmente dolore precordiale.
Riduzione del calcio ionizzato (che passa internamente alle cellule) che provoca tremori, dolori muscolari, tetania soprattutto alle mani e ai piedi.
Terapia
Interrompere la procedura odontoiatrica,
Posizione semiseduta o seduta del paziente
Applicare la maschera con il reservoir o più semplicemente far respirare dentro un sacchetto di carta. Ciò consente un ritorno graduale alla normocapnia e alla scomparsa dei sintomi.
Non serve l’ossigeno e neanche allertare l’emergenza .
Crisi ipertensiva
L’ipertensione è una patologia molto frequente. Ha basi genetiche e comportamentali. Fra quest’ultimi i più importanti sono:
Sovrappeso e obesità:
Dieta ricca in sodio
Inattività fisica
Consumo eccessivo di alcolici
Dopo il fumo è il più importante fattore di rischio modificabile per prevenire eventi cardiovascolari.
Valori pressori
Nell’1-2% dei pazienti ipertesi si può sviluppare una crisi ipertensiva con valori superiori a 180 mm/hg per la sistolica e/o superiori a 110 per la diastolica.
Le crisi ipertensive si dividono in emergenze ipertensive (con danno d’organo ) ed urgenze ipertensive (assenza di danno d’organo )
Quadri simili alla crisi ipertensiva possono essere provocate da sostanze simpatico mimetiche in particolare da cocaina.
Etiopatogenesi
Non è ben conosciuta. Probabilmente c’è un deficit nel sistema di autoregolazione delle resistenze periferiche vascolari che si associa ad una attivazione del sistema renina-angiotensina provocando un circolo vizioso automantenente.
Sintomatologia
Da assente a presenza di cefalea, dolore al petto, vertigini, nausea o vomito, palpitazioni.
Oppure sintomi legati alla presenza di un danno d’organo .
Rilevare pressione arteriosa e frequenza cardiaca.
Anamnesi farmacologia e storie di apnee notturne.
Emergenze ipertensive
Si ha un danno d’organo :
Encefalopatia ipertensiva, emorragia intracranica, infarto miocardico, scompenso cardiaco congestizio, ictus, angina instabile, dissezione aortica, insufficienza renale acuta, eclampsia.
Chiamare il 112.
Lasciare il paziente a riposo per 30-40 minuti.
Se non si risolve somministrare antipertensivi ad uso orale. Attenzione ad un brusco abbassamento della pressione perché può provocare effetti indesiderati quali ischemia cerebrale o miocardica.
Può essere utile somministrare ansiolitici.
Diagnosi differenziale
TRAUMI OCULARI
I traumi oculari sono causati da corpi estranei che penetrano nell’occhio ledendo o meno la palpebra. Tali agenti possono essere di piccole dimensioni (terra, sabbia, piccoli animali, polvere di metallo ecc.) o di dimensioni maggiori (frammenti di vetro, schegge di legno, oggetti acuminati ecc.), o essere rappresentati da schizzi di sostanze chimiche o da radiazioni luminose.
I pericoli maggiori sono rappresentati dalla penetrazione del materiale estraneo più in profondità a causa dello sfregamento dell’occhio e la perdita di coscienza dovuta a squilibri cardiaci originati da riflessi nervosi che possono partire dall’occhio ferito.
Sintomi generali
Dolore, a volte intenso, infiammazione, arrossamento, bruciore, forte lacrimazione. Si può supporre un trauma oculare oltre che in presenza di estese ferite alle palpebre anche quando l’infortunato riferisce una diminuzione della capacità visiva o una visione doppia o quando le pupille appaiono di diverse dimensioni.
Intervento
Il primo obiettivo è quello di fare in modo che l’occhio colpito non venga ulteriormente lesionato. Bisogna, quindi, evitare che l’infortunato si strofini gli occhi.
Lavare l’occhio con abbondante acqua nel tentativo che questa rimuova meccanicamente i corpi estranei.
In caso di penetrazione di sostanze chimiche, prolungare il lavaggio per almeno 10 minuti.
Coprire l’occhio con garze sterili e cerotto facendo in modo che la medicazione non lo comprima. Se occorre, tamponare un’eventuale ferita della palpebra esercitando la pressione contro l’osso e non contro il bulbo oculare. Può risultare utile bendare anche l’occhio sano per ridurre i movimenti oculari. Mantenere il paziente in posizione supina anche durante il trasporto in ospedale.
PUNTURE E MORSI DI ANIMALI
punture di api vespe e calabroni
Sintomi generali
I veleni di apidi e vespidi sono diversi tra loro, contengono vari componenti e possono causare due tipi di effetti: una tossicità diretta locale e una tossicità sistemica cioè generalizzata. La reazione dipende anche dal numero delle punture, dal sito della puntura, dall’età del soggetto e da eventuali altre patologie concomitanti. Le punture più gravi sono quelle al capo ed al collo.
La tossicità diretta locale consiste nel rigonfiamento localizzato nella sede della puntura con diametro di pochi cm che può durare anche 24 ore, dolore, bruciore e prurito.
La tossicità sistemica si può manifestare gradualmente dopo pochi minuti dalla puntura con i sintomi sopra indicati (dolore, bruciore e prurito) a cui si aggiungono orticaria, sintomi gastro-intestinali, respiratori e cardiovascolari. Si può arrivare allo shock anafilattico.
Altri sintomi che possono manifestarsi dopo la puntura di un’ape o di una vespa e che devono comunque mettere in guardia e far sospettare una reazione allergica sono insensibilità agli arti, mal di testa persistente e vertigini. Un soggetto viene definito allergico alla puntura di insetti se è stato punto almeno una volta manifestando almeno due sintomi sistemici (es. orticaria e difficoltà respiratoria) o se la reazione locale è stata caratterizzata da un gonfiore superiore a 10 cm.
Quando, dopo la puntura di ape o vespa, si verifica anche solo una reazione locale estesa, è fortemente consigliato rivolgersi ad un medico o ad una struttura di pronto soccorso, che saprà valutare come intervenire per impedire l’aggravarsi delle condizioni di salute e ridurre rischi futuri.
Classificazione delle reazioni allergiche dopo puntura di imenottero:
■ ■ reazione locale estesa: rigonfiamento nel sito della puntura con diametro maggiore di 10 cm e per più di 24 ore;
■ ■ reazione sistemica di grado 1: orticaria generalizzata;
■ ■ reazione sistemica di grado 2: orticaria e sintomi gastrointestinali/angioedema rinocongiuntivite;
■ ■ reazione sistemica di grado 3: orticaria e sintomi respiratori;
■ ■ reazione sistemica di grado 4: shock anafilattico.
Intervento
Puntura di ape: l’ape ha un pungiglione seghettato con alla base un sacco velenifero che va rimosso con cautela, onde evitare di schiacciare il sacco ed inoculare altro veleno. Si può cercare di estrarre il pungiglione utilizzando una pinzetta.
Successivamente lavare la zona con acqua fredda e sapone, disinfettare e posizionare ghiaccio. La reazione può essere considerata normale se, dove si è stati punti, si ha dolore, prurito, rossore e gonfiore di pochi centimetri. In presenza di broncospasmo, edema delle mucose (rigonfiamento) e comunque in presenza di una reazione sistemica di grado 1 è necessario contattare un medico. Ricordare che il gonfiore può presentarsi all’inizio in maniera lieve, limitato agli occhi o al naso, ma può evolvere in edema della laringe che rappresenta un serio pericolo per la respirazione. Se i sintomi sono quelli descritti per lo shock anafilattico chiamare subito il 112 ed eventualmente aiutare il paziente a somministrarsi l’adrenalina se ne è in possesso.
Se il soggetto perde coscienza e non respira praticare la RCP.
Prevenzione
■ ■ Evitare profumi, lacche ecc., in particolare quando si va in campagna o in aree verdi. Anche il sudore e l’anidride carbonica eliminata con la respirazione attirano gli imenotteri.
■ ■ Evitare di agitare le braccia per scacciare gli insetti.
■ ■ Indossare abiti preferibilmente bianchi o verdi, evitando colori brillanti ed il nero.
■ ■ Non mangiare all’aperto in particolare cibi ricchi di zuccheri (le lattine delle bevande gassate sono particolarmente irresistibili per gli imenotteri). Non beredirettamente dalla bottiglia/lattina.
■ ■ Chi viene diagnosticato come allergico deve sempre portare con sé il preparato monouso a base di adrenalina (autoiniettore) prescritto dal medico. Questo soggetti vengono informati e formati all’uso dell’autoiniettore ed alla corretta conservazione del prodotto.
Morso di vipera
Uno dei pochi, se non l’unico, animale velenoso presente nel nostro paese è la vipera. Il suo veleno non ha un’azione immediata e la sua letalità è subordinata, oltre che alla quantità inoculata, allo stato di salute del soggetto. Nel veleno sono presenti diverse tossine che aggrediscono il sistema nervoso centrale, il cuore e alcuni costituenti del sangue.
La vipera è un rettile diffuso su tutto il terriotorio italiano (tranne in Sardegna) sia in pianura che in località montuose e ne esistono varie specie:
■ ■ la vipera aspis o vipera comune, diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, predilige luoghi caldi e asciutti; di indole mite, fugge se molestata;
■ ■ la vipera berus o marasso palustre, diffusa in montagna, è piuttosto aggressiva.
■ ■ la vipera ammdytes o vipera dal corno, si trova nelle Alpi Orientali. È poco aggressiva, ma il suo veleno è il più pericoloso;
■ ■ la vipera ursinii, si ritrova nel Gran Sasso, è la meno velenosa ed aggressiva. La lunghezza è generalmente 40 – 80 cm, colore grigio-marrone, talora rossastro o giallastro, con una striscia a zig-zag sul dorso; testa a forma triangolare, occhio con fessura verticale.
Si trova in luoghi aridi e caldi, sotto i sassi, in mezzo ad arbusti e siepi a temperature tra i 15 °C e i 35 °C (maggio-settembre). Il suo habitat ideale è rappresentato da pietraie, cumuli di sterpi, erba alta, soprattutto delle zone esposte al sole e nelle giornate di sole caldo.
La vipera è di indole diurna ed è più attiva nelle ore calde della giornata. Pertanto la troviamo dove si possono raccogliere piccole quantità d’acqua, più di frequente al sorgere del sole quando per riscaldarsi ne cercherà i primi raggi. È proprio in questi momenti che la vipera, essendo più lenta nei movimenti, è più in pericolo e quindi tende a difendersi mordendo altrimenti in genere non attacca se non viene disturbata. L’80% dei morsi è accidentale, mentre il 20% avviene in seguito alla manipolazione del rettile.
Il morso di vipera produce una sintomatologia a carattere locale e a carattere generale.
Sintomatologia locale
Segno di carattere locale è l’impronta caratteristica del morso, data da 2 piccoli fori distanziati di 0,5 – 1 cm, più profondi degli altri, corrispondenti ai segni lasciati dai denti veleniferi . Intorno a questa zona si sviluppa un’area di infiammazione che appare prima tumefatta e di colore rosso e, in un secondo tempo, assume un colorito bluastro e va estendendosi. A questo si accompagna una sintomatologia dolorosa. È importante rimuovere tutto quanto possa comprimere ad es. anelli bracciali, orologi.
Sintomi generali
Dopo 30 – 60 minuti dal morso compare la sintomatologia di carattere generale: il soggetto è agitato, possono presentarsi crampi muscolari, dolori al torace, respiro affannoso, nausea e vomito, cefalea, vertigini e tachicardia. Nei casi più gravi può subentrare lo shock.
L’incidenza del morso di vipera sulla mortalità è estremamente bassa. I dati più recenti parlano di meno di un morto l’anno nonostante le persone morse siano piuttosto numerose.
Intervento
■ ■ Chiamare il 112.
■ ■ Non agitarsi, il paziente ha bisogno di essere calmato e rassicurato.
■ ■ Evitare per quanto possibile che il paziente cammini.
■ ■ Evitare di rimuovere il veleno dalla sede di inoculo, attraverso l’incisione, la spremitura e la suzione.
■ ■ Se la ferita è ad un arto, fasciarlo a monte del morso. La fasciatura serve a rallentare la circolazione linfatica attraverso la quale il veleno si diffonde nell’organismo. Deve essere abbastanza stretta, ma non tanto da bloccare la circolazione sanguigna. Deve ostacolare solo la circolazione linfatica.
■ ■ Se la ferita è al collo, alla testa o al tronco: applicare un cerotto adesivo ed elastico che comprima il più possibile la parte intorno al morso, per limitare l’entrata in circolo del veleno.
Prevenzione
In genere la vipera anziché attaccare chi la disturba, preferisce allontanarsi, quindi:
■ ■ indossare calzature alte oppure calzettoni di lana pesante e calzoni lunghi di tessuto, possibilmente pesante: le vipere non riusciranno a mordere efficacemente;
■ ■ camminare con passo cadenzato e pesante,battendo le erbe e le pietre con un bastone: le vipere hanno un udito poco sviluppato, ma sono molto sensibili a movimento e vibrazioni;
■ ■ non raccogliere istintivamente ogni cosa da terra: prima di cogliere qualsiasi cosa, particolarmente fiori o funghi, smuovere le erbe e le pietre con un bastone per allontanare ogni possibile minaccia;
■ ■ ispezionare attentamente il luogo in cui si desidera sedersi: battere l’erba e i sassi con un bastone o frasche;
■ ■ non appoggiarsi o sedersi su tronchi ricoperti di foglie, muriccioli, pagliai, fascine di legna;
■ ■ non mettere le mani sotto rocce, sassi o dentro le fessure del terreno;
■ ■ prestare molta attenzione quando si beve a una fonte e quando si cammina su una pietraia;
■ ■ prima di indossare giubbotti, maglioni, ecc. deposti a terra o appesi a rami di cespugli, scuoterli più volte e decisamente;
■ ■ di fronte ad una vipera, non cercare di schiacciarla con i piedi. Se si è costretti colpirla possibilmente al capo con un sasso o un bastone, mantenendosi ad almeno un metro da essa, distanza che consente di non correre rischi.
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